Nuovo Atlantismo all’orizzonte. L’America, l’Europa e la ricostruzione dei valori occidentali
15 marzo 2021
Sin dai primi giorni alla Casa Bianca, Joe Biden ha professato la sua determinazione di rientrare con convinzione nei principali consessi multilaterali da cui la gli Stati Uniti si erano allontanati, dall’Organizzazione mondiale della sanità, all’Accordo di Parigi sul contrasto ai cambiamenti climatici. Nel primo discorso all’Europa da Presidente, alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco del 18 febbraio, Biden ha riaffermato l’importanza dell’Alleanza atlantica e soprattutto della partnership con l’Unione europea in una cornice multilaterale. Il suo non è un ritorno al multilateralismo tout court, ma ad un multilateralismo qualificato dalla difesa dei valori occidentali. Per rispondere ai ripetuti attacchi degli autoritarismi, a partire dai tentativi della Russia di utilizzare la corruzione per minare il sistema di governance occidentale e alle minacce che provengono dalla Cina, Biden propone un nuovo containment, che ridefinisce il perimetro atlantico attraverso il multilateralismo tra ‘alleati’, opponendosi ai regimi che non condividono i valori liberali dell’economia di mercato e della democrazia liberale.
Thomas Wright, Direttore del Center on the USA and Europe del Brookings Institute, in un Report di febbraio 2021, differenzia le diverse declinazioni di multilateralismo, distinguendo l’approccio “to reinvigorate the free world” (rinvigorire il mondo libero) seguito tradizionalmente dagli Stati Uniti e proposto anche dall’amministrazione Biden, dall’approccio “incrementalist” (incrementale), dominante nell’UE negli ultimi venti anni. Secondo la prima prospettiva, l’Europa, al fianco degli USA, opera per rafforzare le democrazie aperte contro le minacce autoritarie, mentre per la seconda, il multilateralismo consiste nell’integrare la Cina e altri paesi non occidentali nel sistema liberale.
L’atlantismo europeo, confrontato con la versione normativa statunitense, predilige il dialogo e il confronto rispetto alla contrapposizione frontale, senza voler rinunciare all’insostituibile stretto rapporto con gli USA. Ciò a conferma dell’ambizione dell’UE di ritagliarsi spazi di maggiore autonomia, anche stringendo rapporti con partner dal pedigree democratico poco presentabile, nella convinzione che l’Ue debba diventare più geopolitica, come sostenuto dalla Presidente Ursula von der Leyen nella sua visione del mandato della Commissione europea (State of Union, settembre 2020).
Il rischio paventato da Kagan fin dal 2002 di un’Europa venusiana contrapposta ad un America marziana è nuovamente attuale? Con il ritorno alla “normalità” di Biden la risposta non può che essere negativa, ma di sicuro esistono delle divaricazioni significative nelle relazioni transatlantiche sui modi, le forme ed i contenuti del nuovo multilateralismo. Questi nodi saranno affrontati, probabilmente, all’interno del G7 e del G20 nel corso del 2021. Per il momento, si segnala una chiara propensione verso il multilateralismo. A poche ore dalla Conferenza di Monaco sulla sicurezza, la riunione informale del G7, la prima con la presidenza della Gran Bretagna fuori dall’UE, evidenziava il valore assoluto di un ritorno al convinto multilateralismo, occupandosi di emergenza sanitaria, ma anche del clima, del commercio internazionale e di relazioni con Russia e Cina. Tuttavia, con diverse sfumature, le aperture di ognuno dei 3 paesi UE nel G7 verso la Cina e la Russia rappresentano i principali piani di frizione con Washington.
Il comunicato finale del G20 del 26 febbraio riprendeva questi temi, evidenziando “i vantaggi di azioni coordinate e di una rafforzata cooperazione, concordando di evitare premature interruzioni delle misure di supporto economico”. Dello stesso tenore, la Comunicazione congiunta di Josep Borrell, Alto rappresentante dell’Ue per la politica estera, e della Commissione europea, del 17 febbraio, che poneva il focus sul rafforzamento del contributo dell’Ue al “multilateralismo modulare”, basato su una cooperazione più stretta con partner che condividono lo stesso orientamento dell’Ue, ma anche integrato da partenariati settoriali con altri attori, su questioni di interesse comune come il cambiamento climatico, l’istruzione e la tecnologia.
Alla luce di queste pubbliche prese di posizione, esiste un punto di caduta nel quale le sponde dell’Atlantico si possono riavvicinare, ancora una volta, per il bene della democrazia e per la stabilità attraverso un nuovo consolidamento dell’ordine internazionale liberale? Nel Report del Brookings prima citato, Thomas Wright aggiunge una terza possibilità allo sviluppo del multilateralismo, soprattutto in Europa, l’approccio “alone in the jungle” (solo nella giungla). Secondo questa strategia, l’Europa può agire come terzo polo distinto da Cina e Stati Uniti, sviluppando una reale autonomia strategica che passa anche dalla dimensione militare, evocata dal Presidente francese Macron più volte. La combinazione delle strategie jungle e free world è proposta da Wright per consentire all’Europa di proteggere i suoi interessi specifici e allo stesso tempo di difendere l’ordine liberale internazionale al fianco degli Stati Uniti, invece che considerarli al pari della Cina e dei paesi non democratici, in una competizione tra multilateralismi democratici che indebolisce i valori liberali.
È evidente che per scongiurare la principale minaccia al sistema liberale, posta dai populisti, è necessaria la collaborazione di tutte le democrazie. Pertanto, il dibattito sull’autonomia strategica europea dovrebbe concentrarsi sulla salvaguardia dei valori fondamentali del sistema liberale e sulla missione dell’Unione, a partire dalla difesa dei valori dello stato di diritto, della democrazia e del libero mercato, sia all’esterno, contro i regimi autoritari, sia all’interno, contro i colossi delle multinazionali Big Tech e Big Pharma, e contro tutti i soggetti portatori di interessi che minano le regole fondamentali del sistema liberale. Ad esempio, la posizione espressa dal sottosegretario al Tesoro Yellen nell’ultimo G20, favorevole all’accordo globale sulla digital tax, traduce in politiche concrete la difesa dell’ordine liberale. Il tema della digital tax, collegato alla tassazione minima delle multinazionali (cui lavorano Ocse e FMI) diventa un terreno comune di collaborazione tra i diversi multilateralismi di UE e USA. Dal no taxation without representation al no representation (nel mercato) without taxation il passo è breve.
Questo articolo svolge alcune considerazioni proposte anche in Fracchiolla D. (2021), La Cyber Security e le relazioni internazionali. Un’analisi comparata, Rubbettino, Soveria Mannelli, in preparazione.
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