2 aprile 2021

Un destino comune nel nome della solidarietà

Il capitalismo democratico è sempre stato segnato della tensione tra imperativi economici dettati dal profitto e imperativi di giustizia distributiva democraticamente affermatisi. Il 2008 avrebbe visto rompersi l’equilibrio tra questi due imperativi. Ora i nodi vengono al pettine e capitale e lavoro appaiono duramente in conflitto reciproco. Quale può essere la soluzione agli attuali problemi europei?

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Juergen Habermas e Wolfang Streek, Oltre l’Austerità: Disputa sull’Europa, a cura di Giorgio Fazio, Castelvecchi, Roma 2020

Esce in italiano, per l’editore Castelvecchi, uno scambio sull’Europa tra Wolfang Streek e Juergen Habermas, scambio che ha avuto una certa eco internazionale. La versione italiana è anche arricchita da una eccellente Introduzione di Giorgio Fazio, che ha il merito tra gli altri di ricollocare il dibattito tra i due autori tedeschi alla luce degli eventi più recenti a cominciare dalla pandemia.

In origine, infatti, la discussione aveva avuto origine dalla pubblicazione da parte di Streek di alcuni articoli e di un libro intitolato Gekaufte Zeit. Die vertagte Krise des demokratischen Kapitalismus Suhrkamp Berlin 2013 (in it. Il tempo guadagnato. La crisi rinviata del capitalismo democratico). A questo libro, Habermas aveva risposto con una recensione critica sulla rivista Blätter für deutsche und internationale Politik  Heft 5 (2013) e con una conferenza intitolata Democracy, Solidarity and the European Crisis tenuta a Lovanio. Infine, Streek aveva voluto ribadire le sue tesi precedenti, difendendole anche da interpretazioni a suo dire fuorvianti. Ora, tutti quelli che leggono articoli come questo sanno chi è Juergen Habermas, probabilmente il più noto filosofo vivente e un intellettuale pubblico ampiamente ascoltato. Anche Streek, però è un personaggio di rilievo, direttore del’Istituto Max Plank di Scienze Sociali a Colonia, formatosi -anche lui, come Habermas, nella famosa Scuola di Francoforte, sia pure una generazione dopo. La disputa verte su due interpretazioni concorrenti della crisi di democrazia nella Unione Europea, in entrambi i casi vista da sinistra e contro l’austerità, ma con conseguenza del tutto diverse (almeno prima facie).

La tesi di Streek basa la crisi della UE sulla ritirata del grande capitale che dal 1945 in poi aveva, nelle linee generali, un progetto in senso lato social-democratico. Il ritiro in questione, che inizia con la pratica delle multinazionali di aggirare gli oneri fiscali, implica la trasformazione della raccolta fondi via tasse in debito pubblico e privato. E l’aumento del debito viene a sua volta trasformato in progetto di austerity europea sponsorizzato dalle forze di destra schierate a fianco delle grandi compagnie internazionali. In questo modo – suggerisce Streek – la UE si mette al servizio del Capitale e diviene complice più o meno volontaria della perdita di democrazia nel contesto europeo. Cosa questa che si può leggere in un orizzonte più ampio come una conseguenza della crisi economica: il capitalismo democratico è sempre stato segnato della tensione tra imperativi economici dettati dal profitto e imperativi di giustizia distributiva democraticamente affermatisi.

Il 2008 avrebbe visto rompersi l’equilibrio tra questi due imperativi. Ora, i nodi vengono al pettine e capitale e lavoro appaiono duramente in conflitto reciproco. La conseguenza più esplicita in UE della tesi di Streek è che la soluzione dei problemi europei al momento attuale potrebbe avvenire solo in nome del capitale, attraverso una politica di stretta fiscale oppure finanziando le banche. A questa soluzione oggettivamente di destra, Streek contrappone una soluzione basata sulla scissione nell’Eurozona e la ripresa democratica a livello di stati-nazione. È contro quest’ultima proposta che Habermas si oppone con vigore. A suo avviso, solo l’intesa internazionale attraverso istituzioni globali efficaci – a cominciare da quelle dell’UE – può infatti aiutare a affrontare le difficoltà del momento in maniera adeguata. In Europa la unione politica deve, a parere suo, sostituire quella semplicemente economica. Con una significativa aggiunta che riguarda la necessità di una ripresa di solidarietà intra-europea. La solidarietà di cui si parla non è una virtù morale ma politica, e presuppone l’esistenza di una comunità naturale di interessi e valori. I recenti sviluppi di politica europea in seguito alla crisi da Covid sembrano dare ragione alle speranze di Habermas

 

Questo articolo è precedentemente apparso sul Sole 24 Ore. Riprodotto per gentile concessione.