11 aprile 2021

L’intesa necessaria: è fondamentale migliorare i rapporti con la Germania?

Ci sarebbe mai stata un’Unione europea se sin dall’inizio la Germania fosse stata quel colosso economico-industriale che è oggi, invece che un paese diviso e da ricostruire? Un’Unione europea “a trazione tedesca” rimane per noi, anche in prospettiva, il migliore dei mondi possibili. Ma, per renderlo sostenibile, è indispensabile ampliare anche altre alleanze con paesi con cui siamo meno vicini come la Francia.

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Come è ormai noto, a seguito di alcuni ricorsi specie da parte di esponenti dell’estrema destra, l’Alternative für Deutschland (AfD), la Corte suprema tedesca ha sospeso l’iter di approvazione della legge di ratifica del Recovery Fund (NGEU), approvato da entrambe le Camere tedesche nei giorni scorsi. Vedremo che cosa decideranno i giudici di Karlsruhe che da anni sembrano valutare negativamente ogni passo verso una maggiore integrazione europea che è anche, ovviamente, una cessione di sovranità da parte della Germania, e che oltretutto in questo caso tocca uno dei temi più discussi negli ultimi anni a proposito della creazione di un indebitamento garantito dalla stessa Unione Europea.

In occasioni precedenti la Corte si è limitata a criticare e porre solo dei paletti alle autorità politiche. Questa volta di fronte alla rottura di un tabù presente dalla Grande Recessione in poi che succederà? Non è facile prevederlo. Però, è più facile anticipare le reazioni negative di diversi governi europei, a cominciare da quello italiano che sta giocando il futuro del paese sull’aiuto di quei fondi, ancora di più dopo che la Lega ha messo da parte il suo antieuropeismo per partecipare al governo Draghi. Ma – lo sappiamo – le posizioni antitedesche degli italiani sono antiche. Risalgono almeno al biennio 1943-45 dell’occupazione nazista e ai relativi drammatici ricordi. A distanza di molti decenni, al momento della riunificazione tedesca (il 3 ottobre 1990), l’on. Giulio Andreotti, allora primo ministro, grosso modo dichiarò: noi amiamo così tanto la Germania che avremmo preferito continuare ad averne due. La contrarietà alla riunificazione soprattutto del Regno Unito con Margaret Thatcher e della Francia con Mitterrand veniva dal timore delle conseguenze di una rinata potenza egemonica tedesca. I sentimenti antitedeschi sono ritornati in primo piano con la Grande Recessione e il ruolo della Germania all’interno dell’Unione Europea a sostegno delle politiche di austerità.

L’intesa necessaria. Perché collaborare con la Germania è fondamentale per l’Italia e per l’Europa

In questo quadro il volume di Niglia, Romano e Valeri ovvero di uno storico, un banchiere e un giornalista su Italia e Germania. L’intesa necessaria (per l’Europa) (Bollati Boringhieri) è particolarmente tempestivo e fa efficacemente il punto sui rapporti tra i due paesi sia dal punto di vista della forte integrazione economica e, più specificamente, industriale dei due paesi (Valeri), sia delle relazioni storiche dalle rispettive unificazioni in poi a proposito delle relative politiche estere fino ad oggi (Niglia), e sia delle differenze culturali di fondo anche partendo dall’impatto della religione su quelle culture (Romano). I tre autori sono espliciti sui loro tre obiettivi: “offrire uno spaccato originale del rapporto italotedesco”, fornire “un vademecum per gli italiani che intendono coltivare una relazione più costruttiva con il mondo tedesco”, proporre “una riflessione sui nuovi luoghi di dialogo e di confronto tra i due paesi” (p.8). E altrettanto chiari nelle loro tre raccomandazioni: “ricreare …luoghi di dialogo, funzionali …a creare sinergie ma anche a smussare gli angoli e a far detonare in sicurezza crisi e contrasti”, smetterla con l’”utilizzare strumentalmente lo spauracchio della Germania per racimolare facili consensi”, e “interessarsi al mondo tedesco …anche come un’occasione di apprendimento culturale” (pp. 117-8)

Non è difficile condividere i tre obiettivi ed anche aderire soprattutto all’ultima raccomandazione. Nelle scienze, anche umane, la Germania non ha più il posto dominante nel mondo che aveva un secolo fa o poco più. Molto è avvenuto in cento anni, e non tutti in positivo. Ma, effettivamente, anche considerando solo gli ultimi trenta anni, le scienze sociali – dalla scienza politica alla sociologia, all’economia, alla psicologia – sono cresciute enormemente e qualsiasi ricerca scientifica deve citare studi di tedeschi, magari in inglese. Dalla Germania, poi, che – come evidenziato dalla ricerca empirica più recente – riesce ad assicurare ai propri cittadini migliori libertà e minori disuguaglianze rispetto alla maggioranza delle democrazie occidentali potremmo anche apprendere molto su come migliorare la nostra politica. Valeri è anche pienamente convincente quando mostra l’integrazione economica del nord Italia con il sud della Germania con una fittissima rete di rapporti industriali tra gli imprenditori di entrambi i paesi, facendoci capire gli ulteriori incentivi che potremmo avere sia nel competere che nel cooperare in diversi settori produttivi. Ma, come ricorda Niglia, i rapporti italotedeschi sono stati caratterizzati da “paure, risentimenti, incomprensioni” (p. 43). E questi restano sul piano politico. Chi è disposto a pensare che ci sarebbe mai stata un’Unione europea se sin dall’inizio la Germania non fosse stata quel colosso economico-industriale che è oggi, invece che un paese diviso e da ricostruire? Un’Unione forte si può basare solo sulle convergenze, non sulle divergenze strutturali, che si sono viste aumentare specie dopo la Grande Recessione. Va, però, realisticamente riconosciuto che un’Unione europea “a trazione tedesca” rimane per noi, anche in prospettiva, il migliore dei mondi possibili. Ma, per renderlo sostenibile, altre alleanze, anche con paesi con cui magari siamo meno vicini, ovvero innanzi tutto con la Francia, sembrano davvero necessarie. Con la Germania sarebbe necessario rafforzare l’integrazione economica ma contenere la ‘naturale’ leadership politica attraverso una cooperazione e una discussione aperta, anche usando tutti i luoghi di dialogo auspicati dagli autori.