Le scelte chiave sul futuro dell’Europa. Il Next Generation EU alla prova della Corte costituzionale tedesca
6 maggio 2021
Con ordinanza del 15 aprile 2021 (2 BvR 547/21), la Corte costituzionale tedesca, il Bundesverfassungsgericht, ha dato via libera alla firma del cd. EU recovery package da parte del Presidente della Repubblica federale tedesca Frank-Walter Steinmeier. Il 26 marzo 2021, infatti, il Bundesverfassungsgericht aveva sospeso in via precauzionale il procedimento di ratifica a seguito del ricorso proposto, tra gli altri, dall’economista euroscettico Bernd Lücke, già fondatore del partito di estrema destra Alternative für Deutschland (AfD), alla testa del movimento di estrema destra nazionalista Bündnis Bürgerwille e. V., contro la legge di ratifica della decisione del Consiglio dell’Unione europea sul sistema delle risorse proprie dell’Unione (2020/2053/UE). La decisione, infatti, autorizzava la Commissione europea a finanziare sul mercato fino a 750 miliardi di euro per l’attuazione del piano Next Generation EU (NG-EU).
Nonostante il Parlamento tedesco avesse già approvato la decisione, il ricorso mirava a bloccarne la promulgazione, contestando la legittimità dell’indebitamento sulla base di due motivazioni fondamentali. I ricorrenti lamentavano in primo luogo la violazione della responsabilità di bilancio propria del Parlamento tedesco e cardine del principio democratico su cui si fonda l’ordinamento costituzionale tedesco. Inoltre, i ricorrenti ritenevano che l’indebitamento violasse il diritto dell’Unione e, in particolare, la clausola del pareggio di bilancio e il divieto per gli Stati membri di garantire reciprocamente il debito, che hanno guidato il coordinamento delle politiche fiscali durante la precedente crisi dei debiti sovrani.
Considerando che la decisione di merito potrebbe richiedere almeno un paio di anni per la complessità delle questioni giuridiche sollevate, l’ordinanza del Bundesverfassungsgericht si è limitata a verificare le possibili conseguenze della ratifica, concentrando il suo sindacato sulla violazione della Costituzione tedesca. In particolare, la Corte ha ritenuto che l’eventuale approvazione della decisione sulle risorse proprie rendesse la violazione dell’autonomia di bilancio e del principio democratico possibile, ma altamente improbabile sulla base di due ragioni fondamentali. In primo luogo, la decisione non crea responsabilità dirette sul bilancio federale. La Germania sarebbe, infatti, chiamata a ripianare il debito europeo soltanto nel peggiore dei casi possibili, ovvero se tutti gli altri Stati membri non onorassero il proprio debito e il sistema delle risorse proprie dell’Unione non fosse sufficiente o l’Unione non fosse in grado di generare liquidità attraverso altre misure. Questo scenario, peraltro, è stato ritenuto irrealistico dallo stesso Parlamento tedesco. In secondo luogo, la decisione prevede limiti specifici di volume, durata e finalità del finanziamento che ne circoscrivono la portata sia a livello europeo che per quanto riguarda l’impegno statale. Di converso, la mancata ratifica della decisione frustrerebbe l’obiettivo di affrontare tempestivamente la crisi pandemica e il ritardo potrebbe compromettere la credibilità tedesca nelle relazioni europee e nella politica estera. Di conseguenza, secondo il Bundesverfassungsgericht, i benefici della ratifica superano significativamente gli eventuali danni.
Il fallimento del ricorso che ha tenuto l’Europa tutta con il fiato sospeso per alcune settimane non conclude, però, la vicenda. Il giudizio di merito resta aperto e il suo esito appare tutt’altro che scontato. Tre questioni chiave attendono ancora una risposta della Corte, ovvero se il finanziamento del NG-EU possa portare alla creazione di strumenti permanenti di debito europeo; se tale indebitamento potenziale possa strutturalmente inficiare i poteri di bilancio del Parlamento tedesco; e se quest’ultimo mantenga una sufficiente capacità di influenzare le decisioni sull’utilizzo di tali risorse. Nella sostanza, il Bundesverfassungsgericht sarebbe ancora chiamato a sciogliere il nodo dell’effettiva natura e portata del NG-EU. Nel giudizio di merito la decisione potrebbe ancora risultare illegittima o la sua portata circoscritta, precludendo l’eventuale sviluppo di una capacità fiscale dell’Unione indipendente dai contributi nazionali al bilancio europeo.
Non sarebbe peraltro la prima volta che il Bundesverfassungsgericht individuerebbe la necessità di apporre limiti rigorosi all’attuazione di un programma europeo. Di recente, questo è accaduto nel caso Weiss (BVerfG, 5 maggio 2020 – 2 BvR 859/15), in cui la Corte costituzionale tedesca ha ritenuto che il programma della BCE sull’acquisto di titoli del debito pubblico sui mercati secondari violasse il diritto dell’Unione, nonostante la Corte di Giustizia ne avesse invece ammesso la compatibilità (C-493/17 Heinrich Weiss e a. ECLI:EU:C:2018:1000). Sebbene il caso si sia poi risolto con un’integrazione di documenti da parte della BCE per dimostrare la proporzionalità delle misure in questione, la vicenda dimostra come la delimitazione di competenze tra gli Stati membri e l’Unione resti un tema scivoloso e non facilmente risolvibile attraverso il dialogo tra corti.
Secondo il Bundesverfassungsgericht, se nel giudizio di merito emergesse l’illegittimità della decisione sulle risorse proprie, la Corte di Giustizia potrebbe annullarla nell’istanza pregiudiziale, mentre il Governo e il Parlamento tedeschi avrebbero tutti gli strumenti per ripristinare l’ordine costituzionale violato. Un simile esito, tuttavia, significherebbe aver affidato al dialogo, se non al conflitto, tra corti il controllo del processo di integrazione, lasciando alle istituzioni politiche il mero compito di trarne le dovute conseguenze. Le scelte chiave sul futuro dell’Europa non dovrebbero dipendere reattivamente da censure giurisdizionali e l’ordinanza del Bundesverfassungsgericht deve, quindi, suonare come un campanello di allarme per richiamare la politica alle proprie responsabilità.
Newsletter
Articoli correlati
È necessaria una doppia riforma contro le asimmetrie
9 luglio 2021
“La pandemia non è finita. Anche quando lo sarà avremo a che fare a lungo con le sue conseguenze. Una di queste è il debito”, così dice Mario Draghi nel discorso tenuto all’Accademia dei Lincei. Già oggi, in Italia, il debito pubblico è balzato a circa il 160 per cento del Pil. Ecco il punto di Sergio Fabbrini.
Il consiglio europeo: la difficoltà di decidere
1 luglio 2021
Si è da poco concluso il Consiglio europeo dei capi di governo dei 27 stati membri dell’Ue e, in due giorni, ha discusso i principali temi dell’agenda europea. Grazie al prestigio e alla competenza del premier Mario Draghi, l’Italia ha partecipato attivamente al dibattito intergovernativo. Non giochiamo più di sponda, ma avanziamo proposte per influenzare la discussione. Tutto bene, dunque? Non proprio. Ecco perché.
Aggiustamenti netti su debito e capitale
5 giugno 2021
Nelle sue Considerazioni finali il Governatore Visco ha sottolineato i nessi che legano il ripristino di un ordine internazionale, l’evoluzione degli assetti istituzionali europei e la capacità italiana di superare i numerosi ‘colli di bottiglia’ che si frappongono alla crescita. Il punto di Marcello Messori.
25 maggio 2021
La professoressa Puntscher-Riekmann, del Centre of European Union Studies di Salisburgo, ci illustra perché su Patto di Stabilità e debito in comune si arriverà a un compromesso. “I Paesi ‘frugali’ del Nord fanno resistenza, ma i Paesi del Sud come l’Italia hanno già accettato molte condizionalità”.