15 maggio 2021
Perché la partecipazione migliora la democrazia
La partecipazione politica può contribuire alla buona salute delle nostre democrazie e alla conservazione di una coscienza di comunità? Ecco perché, a distanza di anni dalla sua prima edizione, oggi edito in lingua italiana dalla Luiss University Press, la risposta si trova tra le pagine di Azione politica di Michael Walzer.
Azione politica. Guida pratica per il cambiamento, Michael Walzer. Luiss University Press, Roma 2021.
Questo è un volume apparentemente insolito, a prima vista inaspettato, da parte di un filosofo, sia pure così prolifico e capace di analizzare temi molto diversi, dalle guerre giuste alla giustizia distributiva, dal radicalismo e le sue origini alla tolleranza, dal nazionalismo alla critica sociale. Tuttavia, se si mettono insieme tre aspetti, si comprende bene come mai Walzer abbia scritto Azione politica. Il primo è forse il più caratterizzante per Walzer: leggendo i suoi lavori si comprende subito che si tratta di uno dei filosofi più attenti alla realtà politica concreta in cui vive. La sua intera riflessione, con tutta la relativa elaborazione teorica, parte da un’attenzione e una sensibilità spiccate per la situazione politica che lo circonda, ovviamente anche oltre gli Stati Uniti. Il secondo deriva dalla sua attività intellettuale di militante della sinistra: per circa quarant’anni è il redattore e, poi, il condirettore di una delle più importanti riviste della sinistra americana, Dissent, oltre a essere collaboratore della rivista progressista liberale The New Republic e occasionalmente anche di altre riviste politicamente impegnate. Il terzo aspetto è che Walzer crede nella democrazia partecipativa o meglio nella necessità di partecipare in una democrazia. Ci crede perché questo sembra l’unico modo per raddrizzare ingiustizie in ambiti diversi attraverso l’impegno dei cittadini (si veda il suo classico Sfere di giustizia, del 1983). Questa convinzione, poi, la mette anche in pratica in numerosi casi in cui s’impegna direttamente su temi specifici e conseguentemente si coinvolge in varie forme di partecipazione.
Il volume è l’espressione di tutti e tre gli aspetti, effettivamente eccezionali per un filosofo, e risente molto proprio delle esperienze e delle convinzioni personali di Walzer. Ma perché a distanza di anni questo scritto, pubblicato inizialmente nel 1971, è utile per capire le possibilità di una “buona” partecipazione, che possono e devono realizzarsi in una democrazia? Per indicare subito il punto centrale, la partecipazione non convenzionale, ovvero quella non istituzionalizzata, è stata negli ultimi decenni, dopo la pubblicazione del volume, una modalità efficace nell’innescare una reale risposta pubblica alle domande dei cittadini. Per capire meglio il senso attuale del contributo di Walzer dobbiamo inquadrare l’intero fenomeno e la sua evoluzione.
A questo fine, innanzi tutto, partiamo dalla responsiveness ossia dalla “ricettività”, che è la capacità di risposta delle autorità elette alle domande poste dal cittadino e riprese – ovvero, in realtà, “suggerite” – dai partiti, dalla stampa, dalla televisione e da altri canali di comunicazione, dalle organizzazioni d’interesse, dagli stessi movimenti sociali. La rilevanza, le possibilità di manipolazione, le ambiguità, i problemi della responsiveness sono una parte non piccola del dibattito sulla democrazia, specie dopo l’importanza politica assunta dal fenomeno dei partiti neopopulisti che si impegnano con il cittadino, per averne il voto, al di là di quello che effettivamente potranno fare, se riescono a vincere le elezioni e andare al governo, anche in coalizione. Proprio l’assunto di fondo di una teoria della democrazia che avrebbe il sostegno della gran parte degli studiosi è che la rappresentanza democratica funziona se, entro certi limiti e con certe caratteristiche, le autorità elette sono ricettive. Il politologo Robert Alan Dahl, nel volume del 1971 Polyarchy. Participation and Opposition, propone una definizione normativa di democrazia incentrata su quest’aspetto quale elemento caratterizzante del sistema democratico, la cui principale connotazione è di essere “completamente o quasi completamente ricettivo verso tutti i suoi cittadini, […] considerati politicamente eguali”.
La capacità di risposta si raggiunge attraverso il meccanismo chiave della rappresentanza, la cosiddetta accountability ovvero la responsabilità delle autorità elette verso l’elettore o nei riguardi di altri organi di controllo a cui gli eletti devono dare conto. Le componenti principali dell’accountability, ovvero la giustificazione delle proprie decisioni da parte delle autorità elette, l’informazione fornita da diverse fonti e la punizione o il premio accordati dai cittadini a seconda del giudizio sulla capacità di risposta, evidenziano i passaggi che servono a rendere effettiva la responsabilità politica degli eletti. Quindi, l’intreccio tra capacità o incapacità di risposta e responsabilità sta al cuore della rappresentanza. Ma in concreto come si assicura che ci sia rappresentanza e responsabilità? Attenzione alla giustificazione data dai governanti, informazione, giudizio sul loro comportamento o anche pressione affinché le domande dei cittadini siano ascoltate comportano la partecipazione di questi ultimi, direttamente o indirettamente. La modalità indiretta presuppone la mediazione dei leader e dei partiti o anche dei diversi canali di informazione. Quella diretta significa partecipazione da parte dei cittadini, secondo modalità diverse.
L’idea di una democrazia partecipativa ha sempre affascinato gli studiosi, anche molto prima del popolare volume del 1970 di Carole Pateman Participation and democratic theory, che veniva dopo gli anni della mobilitazione operaia e giovanile della fine degli anni Sessanta. Se considerata nelle sue principali caratteristiche, in una democrazia partecipativa ci sono cittadini e gruppi che hanno la disponibilità, la volontà e le opportunità di coinvolgersi direttamente in politica attraverso canali che possono anche andare oltre le modalità istituzionalizzate e tradizionali per includere forme di democrazia diretta e attività in movimenti, gruppi, associazioni. Tale concezione normativa di democrazia pone anche una notevole attenzione a domande di eguaglianza socioeconomica, di genere ed etnica. Nella letteratura su questo tipo di democrazia vi è anche un’illusione di alcuni autori, ma non di Walzer. Ovvero che la partecipazione potesse superare i limiti, i problemi, le possibilità di manipolazione, le ambiguità della rappresentanza attraverso le diverse forme di democrazia diretta. Anche se prescindiamo da questa concezione ideale, il fatto che la partecipazione possa essere un modo per migliorare la democrazia, anche e soprattutto rappresentativa, è ormai un elemento scontato. Per esempio, nel filone di studi sulla qualità della democrazia, la partecipazione è presentata come uno dei due “motori” della qualità, insieme alla competizione.
Il testo è un estratto dell’introduzione di Leonardo Morlino al volume di Michael Walzer, Azione politica. Guida pratica per il cambiamento, (Luiss University Press, Roma 2021)
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