La tutela delle generazioni future: nuovi sviluppi dall’Olanda e dall’Australia

7 giugno 2021
Editoriale Open Society
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La tutela dell’ambiente e la responsabilità intergenerazionale sono due temi centrali per il costituzionalismo contemporaneo e grazie a numerose sentenze se ne stanno definendo i contenuti. Oltre ad alimentare un vivace dibattito dottrinario, il concetto di sostenibilità è diventato oggetto di riflessione politica, specie in binomio con il lemma “sviluppo”. Come cita il noto Rapporto Our Common Future (o Rapporto Brundtland), pubblicato dalla Commissione per l’ambiente e lo sviluppo delle Nazioni Unite nel 1987, “lo sviluppo sostenibile è quello sviluppo che permette di soddisfare i bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di realizzare i propri”. Non a caso lo sviluppo sostenibile oggi è posto al centro delle politiche legate al c.d. Recovery fund e, di conseguenza, è un concetto che permea tutto il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza italiano.

L’opinione pubblica ha ripreso con grande interesse una sentenza dello scorso 26 maggio con la quale che il Tribunale de L’Aia ha accolto il ricorso di alcune associazioni e fondazioni condannando la compagnia petrolifera Shell a tagliare del 45% le emissioni di Co2 entro il 2030. La Corte ha ritenuto che le emissioni di Co2, di cui Shell è stata ritenuta responsabile, rappresentino una minaccia molto seria, con un alto rischio di danni ai residenti olandesi e agli abitanti della costa di Wadden. Questo inquinamento rischia di avere gravi ripercussioni sui diritti fondamentali sia delle generazioni attuali che di quelle future. Il giudice, basando il proprio ragionamento sulla necessità che le valutazioni sugli interventi ambientali e produttivi debbano tenere conto dei principi internazionali di sostenibilità ecologica, ha declinato in senso innovativo il principio di precauzione e della responsabilità intergenerazionale. Il Tribunale, riconoscendo un ruolo fondamentale al pieno rispetto dell’Accordo di Parigi, ha definito insufficienti le azioni intraprese per tutelare l’ambiente fino a questo momento da Shell, con un grave rischio per la salute dei cittadini olandesi. Quindi anche società private come Shell dovrebbero adottare misure drastiche per raggiungere gli obiettivi prefissati nel 2015 nella capitale francese, con conseguenti sacrifici finanziari per limitare le emissioni di Co2, al fine di prevenire pericolosi cambiamenti climatici. Il Tribunale lascia, però, totale libertà alla Shell su come conformarsi all’obbligo di riduzione di Co2 (ricordiamolo del 45%). All’azienda viene riconosciuta la piena discrezionalità su come definire la politica aziendale del gruppo, ponendo un obbligo di risultato. La Corte, inoltre, segnala che l’obbligo di riduzione colpisce l’intero gruppo Shell, offrendo molta più libertà di azione rispetto a un obbligo di riduzione limitato a un determinato territorio o a una o più unità aziendali. Si può notare che la sentenza in oggetto si pone in linea con una sentenza del gennaio 2021, con cui una Corte d’appello olandese aveva stabilito la responsabilità di Shell anche per i danni ambientali causati da una sua controllata nigeriana.

Il giorno successivo alla sentenza del Tribunale de L’Aia anche la Federal Court australiana è intervenuta sul tema dello sviluppo sostenibile (27 maggio). La Corte federale è stata adita da otto giovani studenti e da una suora ottantenne per impedire al governo di approvare la proposta della Whitehaven Coal di espandere la miniera di carbone di Vickery, nella zona settentrionale del Nuovo Galles del Sud. Nell’order del giudice Bromberg si possono leggere alcuni passaggi che potranno fornire un utile precedente per future decisioni, elemento da non sottovalutare nei sistemi di common law. Il giudice ha constatato che esiste un pericolo concreto di non poter più godere delle bellezze della natura entro qualche decennio (come, ad esempio, la Barriera Corallina australiana). Inoltre, sempre secondo il giudice, sarà sempre più complesso vivere in buona salute e ciò sarà solo responsabilità di questa generazione, situazione che la Corte australiana definisce la più grande ingiustizia intergenerazionale mai inflitta da una generazione di esseri umani all’altra (“It will largely be inflicted by the inaction of this generation of adults, in what might fairly be described as the greatest inter-generational injustice ever inflicted by one generation of humans upon the next”). Nel caso concreto la richiesta di sospendere la concessione di potenziamento della miniera di carbone è stata respinta, ma la Corte federale ha stabilito che il governo ha un obbligo di diligenza (“duty of care”, che nell’order ricorre ben 255 volte), di non agire, cioè, in modo da causare danni futuri alle giovani generazioni.

Le sentenze del Tribunale de L’Aia e della Corte federale australiana sono precedenti favorevoli alle associazioni che si battono per la giustizia climatica e possono aiutare a comprendere l’applicazione dei principi di sviluppo sostenibile e responsabilità intergenerazionale, che devono essere perseguiti anche nell’attività dei privati. È necessario riflettere attentamente sulla portata, anche giuridica, di concetti che nascono in ambito filosofico e antropologico e che solo successivamente vengono trapiantati nel mondo del diritto. È opportuno seguire con attenzione le numerose pronunce relative alla responsabilità intergenerazionale e analizzarne la portata. Questo potrà rendere più credibili e fondate le iniziative di revisione costituzionale che vorrebbero inserire nella Carta costituzionale la “promozione dello sviluppo sostenibile, anche nell’interesse delle future generazioni”.

L'autore

Marco Cecili è titolare di contratto integrativo dell’insegnamento in Diritto costituzionale 2 presso la Luiss Guido Carli e Assegnista di ricerca in Diritto pubblico comparato presso l’Università degli Studi di Firenze.


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