L’Italia è leader dell’antiriciclaggio e merita la nuova Agenzia europea
17 giugno 2021
La proposta, formulata nei giorni scorsi dal Presidente dell’ABI Patuelli, di insediare in Italia l’Agenzia europea per l’antiriciclaggio appare basata su oggettive ragioni di merito. Il nostro Paese può infatti vantare una delle prime e più articolate normative in materia di prevenzione e repressione di questa gravissima forma di reato. Un reato che movimenta enormi masse di denaro, percorrendo come un fiume sotterraneo la geografia internazionale, senza arrestarsi davanti a nessun confine.
È proprio per questa ragione che il sistema finanziario italiano ha sempre richiesto che le legislazioni europee in materia siano armonizzate, visto che vi sono Paesi “insospettabili” nei quali il livello di attenzione al fenomeno, alla luce di un frainteso principio “pecunia non olet”, hanno mantenuto un livello di intervento normativo molto basso. Ciò ha favorito un rilevante fenomeno di forum shopping nell’ambito del quale la criminalità organizzata ha scelto di radicare le proprie attività di ripulitura del denaro sporco proprio in quelle Nazioni nelle quali la rete del controllo ha le maglie più larghe. La conseguenza è stata che il sistema finanziario di quei Paesi, apparentemente avvantaggiato da una moltiplicazione di flussi monetari, è stato più o meno largamente contaminato da un sistema criminale abilissimo nel ripulire il denaro e poi investirlo in attività imprenditoriali apparentemente lecite, ma in realtà volte ad alimentare ulteriormente le ricchezze illecitamente accumulate. Con buona pace della concorrenza leale tra imprese e del controllo sul finanziamento del terrorismo, sul traffico di droga e di armi, sul mercato della prostituzione e del gioco d’azzardo. Un vero e proprio flagello biblico che, se si abbassasse il livello di attenzione, avvolgerebbe in una nube nera i Paesi dell’Unione meno attenti al fenomeno, magari perché erroneamente convinti di esserne immuni.
Ben diversa la percezione del fenomeno e l’attenzione ad esso dedicata in Italia. Dall’insegnamento di Giovanni Falcone sulla necessità di “tagliare l’erba sotto i piedi” alla mafia sequestrandone i patrimoni, agli studi più approfonditi sulle varie e raffinate modalità di money laundering utilizzate dalle organizzazioni criminali, il nostro Paese ha saputo costruire uno dei sistemi preventivi e sanzionatori più severi ed efficienti. E lo ha fatto, con grande ed infaticabile impegno, fin dal 1992. In quell’anno infatti venne rivoluzionato il sistema di lotta al riciclaggio, affidando alle Banche il compito di costruire la prima barriera contro il riciclaggio, introducendo a loro carico un obbligo di segnalazione delle operazioni sospette. Un obbligo che nei primi tempi rappresentò per il sistema finanziario un costo rilevante, ma che oggi viene riconosciuto come un vanto della nostra economia e come un vantaggio competitivo da utilizzare anche in situazioni di emergenza, come quello post-pandemico. Il sistema delle red flags attivato dal mondo bancario consentirà infatti di intervenire molto tempestivamente per segnalare utilizzi sospetti di somme provenienti dal Recovery Fund e per attivare tutta la catena di verifiche ampiamente testata da decenni di pratica. Penso alla specializzazione di una serie di Autorità che hanno apprestato specifici settori di intervento: dalla Banca d’Italia alla Guardia di Finanza, dall’UIF alla Direzione Nazionale Antimafia, dalle Prefetture al sistema di Confindustria, attrezzate ai vari livelli per intercettare e bloccare origini e flussi di denaro sospetti.
Una riprova del grande credito di cui gode l’Italia in questa materia la ebbi quando, andata all’ONU per presentare il Plan de Apojo elaborato dall’Italia per dare un sostegno alla lotta alla criminalità organizzata nei Paesi dell’America latina, vidi entusiasticamente condividere l’idea che fossero proprio le nostre Autorità specializzate, per la loro riconosciuta capacità, ad insegnare i metodi di lotta a queste insidiose forme di delinquenza.
È proprio per questo motivo che considero la candidatura dell’Italia a sede dell’Autorità antiriciclaggio non già una questione campanilistica, ma il riconoscimento di un merito che le nostre istituzioni hanno pienamente guadagnato, impegnandosi con costanza ed abnegazione in una difficile lotta, la cui efficace guida non può che renderci orgogliosi.
Questo articolo è precedentemente apparso su La Stampa. Riprodotto per gentile concessione.
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