5 agosto 2021

Il design della complessità

Come possiamo padroneggiare la complessità? “La risposta è: con il design. Il vero segreto del design è prendere la complessità e renderla comprensibile.” Parola di Don Norman una delle personalità più influenti nel mondo del design. Il punto di Pierluigi Mascaro

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Una lettura breve e concisa, ma al contempo molto interessante è “Design della complessità”, una trascrizione della lecture tenuta da Don Norman – ingegnere elettronico, psicologo ed antropologo, già vicepresidente del gruppo di ricerca sulle tecnologie avanzate di Apple Computer – presso la Mediateca Santa Teresa a Milano il 22 marzo 2011.

L’intera architettura del testo sviluppa il concetto della complessità, dimostrando con nitidezza come essa non sia evitabile, poiché l’organizzazione della vita e di ciò che ci circonda ne è pervasa: per vivere, ne abbiamo bisogno. L’Autore spiega dunque che ciò che ci arreca turbamento e ci pone in situazioni di difficoltà non è la complessità in sé, quanto piuttosto la complicatezza, concetto assai diverso, che ha a che fare con il disordine logico, colpevole dell’incomprensibilità della realtà.

Padroneggiare la complessità significa di conseguenza renderla comprensibile, cioè logicamente ordinata; al fine di pervenire a tale risultato, la ricetta offerta da Don Norman consiste nel design, che può essere inteso come schematizzazione esteriore: quanto più un oggetto ci mostra un’ interfaccia semplice ed intuitiva, tanto più ci sarà facile comprenderne e memorizzarne le modalità di funzionamento ed utilizzo, sfruttandone appieno le potenzialità tecniche; tutto ciò, lungi dall’eliminare la complessità insita nell’oggetto, consente di ridurne drasticamente la complicatezza.

Un design di qualità ci consegna chiavi di lettura e d’interpretazione logicamente ordinate capaci di guidarci nel mondo della complessità. Prendiamo ad esempio i nostri device smartphone o tablet; sono strumenti elettronici altamente complessi dal punto di vista tecnico, e la complessità in essi insita è necessaria per offrirci tutta quella vasta gamma di operazioni di calcolo e memoria che sono capaci di compiere, ma al contempo, a livello d’interfaccia, sono progettati in maniera piuttosto semplice, bastano pochi click per attivarne le diverse funzioni, e questa circostanza consente ai più di padroneggiarne l’utilizzo senza particolari difficoltà: hanno un design efficace, appunto. Tanti altri esempi si potrebbero citare, da una moderna automobile, sinergico connubio di tecnica meccanica ed elettronica, ad un software che consente di effettuare videoconferenze, ad un robot da cucina: in essi la complessità è irriducibile, pena la riduzione delle funzioni che sono in grado di svolgere, ma in tutti un buon design può contribuire a ridurre se non addirittura abbattere la complicatezza, prendendo la complessità e rendendola comprensibile.

Anche nel diritto, e in particolare in quello amministrativo, possiamo rintracciare il tema della complessità e della complicatezza: la prima è irrinunciabile a causa della vastità del fenomeno giuridico, la seconda purtroppo lo pervade per via del corpus normativo pressoché sterminato, il più delle volte non avvinto da una logicità unitaria, tanto che risulta di difficile discernimento tanto per gli addetti ai lavori, quanto per la generalità dei consociati.

Ebbene pure in questo caso la soluzione potrebbe risiedere nella schematizzazione esteriore, nel design, ovvero un mosaico ordinato e razionale costituito dai principi e dalle clausole generali come tasselli: i principi sulle funzioni, tra cui la sussidiarietà e la proporzionalità; quelli sull’attività amministrativa, buon andamento, buona amministrazione, efficienza, efficacia, economicità, pubblicità, trasparenza ed accessibilità delle informazioni; i principi sull’esercizio del potere discrezionale, imparzialità, proporzionalità, ragionevolezza, legittimo affidamento e certezza del diritto, e sul procedimento, contraddittorio, giusto procedimento, certezza del tempo dell’agire amministrativo e celerità, efficienza, correttezza e buona fede.

Fanno parte del “mosaico della comprensibilità” del diritto i canoni ermeneutici indicati dal legislatore del 1942 all’articolo 12 delle disposizioni preliminari al codice civile: criterio testuale e logico, analogia legis e iuris.

Non si nega tuttavia che questo modello si affianca ad un auspicabile recupero della qualità del drafting normativo da parte del legislatore, volto a governare la complessità regolatoria insita nel mondo giuridico con il minor ricorso possibile alla complicatezza.

 

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