Il dramma di Kabul sta umiliando gli americani così come gli europei. Gli americani pagano per scelte che hanno fatto, noi per scelte che non abbiamo avuto il coraggio di fare. Soffriamo le conseguenze del fallimento della politica estera americana, anche perché ci siamo accodati ad essa, non avendone una nostra.
Lo sconclusionato ritiro americano dall’Afghanistan ha suscitato reazioni diverse al “centro dell’impero” (in America) e alla “periferia dell’impero” (in Italia). Vale la pena soffermarci sulla politica estera, sia americana che europea, perché la loro debolezza è alle origini del dramma di Kabul.
Dopo l’estate inizierà la discussione sul futuro del Patto di stabilità e crescita (PSC), il perno del sistema fiscale dell’Eurozona momentaneamente sospeso. Già ora, però, gli schieramenti si stanno formando. L’Eurozona ha bisogno di un framework fiscale per funzionare, ma la sua natura è oggetto di divisioni. Vediamo perché.
Non era mai sparito dall’agenda, ma l’obiettivo dell’ulteriore allargamento dell’Unione europea (Ue) è stato recentemente riproposto. Come valutare le pressioni verso un nuovo allargamento? La visione internazionalistica è in contrasto con la realtà istituzionale dell’Ue? Ecco un’analisi di Sergio Fabbrini.
Pochi giorni fa, 16 partiti europei della destra nazionalista (tra cui gli italiani Fratelli d’Italia e Lega) hanno sottoscritto una “Dichiarazione sull’avvenire dell’Europa”. Non è semplice, per partiti nazionalisti, individuare una piattaforma comune sul piano sovra-nazionale. Certamente, essi condividono la critica dell’attuale Unione europea.
“La pandemia non è finita. Anche quando lo sarà avremo a che fare a lungo con le sue conseguenze. Una di queste è il debito”, così dice Mario Draghi nel discorso tenuto all’Accademia dei Lincei. Già oggi, in Italia, il debito pubblico è balzato a circa il 160 per cento del Pil. Ecco il punto di Sergio Fabbrini.
Si è da poco concluso il Consiglio europeo dei capi di governo dei 27 stati membri dell’Ue e, in due giorni, ha discusso i principali temi dell’agenda europea. Grazie al prestigio e alla competenza del premier Mario Draghi, l’Italia ha partecipato attivamente al dibattito intergovernativo. Non giochiamo più di sponda, ma avanziamo proposte per influenzare la discussione. Tutto bene, dunque? Non proprio. Ecco perché.
Poiché la pandemia ha le caratteristiche di una guerra, occorre delineare le nuove strutture del mondo post-pandemico. Nel 2008, si trattava di ritornare al mondo precedente la crisi finanziaria, nel 2021 si tratta di ridefinire il mondo che emergerà dalla pandemia. Quali sono le sfide economiche e politiche da affrontare?
Il 31 maggio scorso è stato pubblicato il Decreto-Legge relativo alla “Governance del Piano nazionale di rilancio e resilienza” in cui si afferma la centralità del premier nel governo di quest’ultimo. Di qui, le critiche (“Mario Draghi sta acquisendo troppo potere”). Ecco un’analisi di Sergio Fabbrini.
La Conferenza sul futuro dell’Europa è partita. Il suo scopo è promuovere il dibattito pubblico sul futuro dell’Unione europea (Ue). Un’aspettativa legittima, se non fosse che non siamo nell’agorà ateniese in cui poche migliaia di persone si riuniscono per discutere sulla polis.
Nei giorni scorsi sono stati resi pubblici due progetti di riforma fiscale, una dell’Amministrazione Biden e l’altra della Commissione europea. Entrambe sollevano i dilemmi propri della sovranità politica di un’epoca di interdipendenze tra stati. Vediamo di seguito un’analisi del professor Fabbrini.
Per alcuni la pandemia ha messo in discussione gli equilibri di politica economica precedenti. Per altri ha prodotto una crescita impetuosa del debito pubblico che, tuttavia, va ricondotto prima possibile all’interno del precedente modello di politica fiscale. L’esito di questa contrapposizione definirà il futuro dell’Unione.
A 71 anni dalla Dichiarazione Schuman, l’Europa è un continente pacificato, con un mercato tra i più vitali al mondo e con democrazie solide (anche se non dappertutto). Hanno buone ragioni i parlamentari europei che oggi si riuniscono a Strasburgo per inaugurare la Conferenza sul futuro dell’Europa. Hanno cattive ragioni, invece, coloro che denigrano i risultati che l’Europa ha raggiunto.
Il prossimo 26 settembre si terranno le elezioni federali in Germania. Si tratta di elezioni importanti perché ciò che avviene in quel Paese ha conseguenze inevitabili sugli altri Paesi e soprattutto sull’Unione europea. Ma sono importanti anche perché Angela Merkel ha deciso di non ricandidarsi al ruolo di cancelliera. Di qui, l’incertezza su come la nuova leadership intenderà esercitare il potere tedesco in Europa.
Tra due settimane dovremo inviare alla Commissione europea il Piano nazionale di ripresa e resilienza, uno strumento cruciale per promuovere l’Italia della prossima generazione. Nei giorni scorsi, il premier Draghi ha incontrato i partiti che sostengono il suo governo per sentire le loro proposte sul Pnrr. Una scelta dovuta, in una democrazia parlamentare, anche se è bene ricordarsi che il governo nasce dalle difficoltà progettuali di quei partiti.
Ciò che è avvenuto martedì scorso ad Ankara ha poco a che fare con la Turchia e molto con l’Unione europea. Invece di denunciare l’antieuropeismo e l’antifemminismo del presidente turco (indiscutibili), sarebbe meglio capire perché l’Ue si è fatta di nuovo umiliare.
Come ha ribadito la stessa Angela Merkel durante il dibattito al Bundestag, Next Generation EU è un programma ad hoc “che si concluderà nel 2026”. La possibilità di trasformare NG-EU nell’antesignano di un bilancio europeo, espressione di una capacità fiscale indipendente dai trasferimenti finanziari dei governi nazionali, è dunque esclusa dall’attuale cancelliere della CDU.
Nel discorso del suo insediamento, il presidente Biden aveva promesso di distribuire cento milioni di vaccini entro il centesimo giorno della sua amministrazione. È riuscito a farlo in 59 giorni. Oltreoceano, secondo i dati riportati da Statista, il 18 marzo l’Ue aveva invece vaccinato (percentualmente) la metà della popolazione vaccinata negli Usa.
Il governo Draghi non rappresenta la fine della politica, bensì della politica come l’abbiamo finora conosciuta. L’Italia ha bisogno che si affermino leadership politiche in grado di comprendere la strutturale trasformazione intervenuta nei rapporti tra stato e mercato per via dell’integrazione sovranazionale. Per ricostruirsi come forze di governo, la sinistra e la destra dovranno proporre programmi che sappiano affrontare le conseguenze di quella strutturale trasformazione.
I leader dei principali partiti parlamentari europei hanno approvato la Dichiarazione congiunta che promuove la Conferenza sul futuro dell’Europa. Nel frattempo, sotto la pressione della pandemia, l’Unione europea ha intrapreso percorsi di riforma per dotarsi delle capacità di policy con cui affrontare il dopo-pandemia di cui però la Dichiarazione congiunta non parla. Come risolvere questo paradosso?
A differenza di Stati Uniti e Gran Bretagna, l’Europa è indietro con la campagna vaccinale. Dare priorità all’accordo sovranazionale tra i 27 paesi dell’Unione potrebbe aver rallentato il processo.
Il premier esorta a concepire l’Unione come una federazione di repubbliche che rispecchi l’interdipendenza di fatto tra gli stati e non come una cessione di autorità tout court. La ripresa post pandemia dipenderà dal grado di coesione tra l’Italia e le istituzione europee.
Il governo Draghi nella sua composizione europeista risponde alla necessità di gestire con oculatezza i fondi del Recovery Plan. Starà a questo governo ricucire la frattura con l’Europa ma anche la frattura interna tra europeismo e sovranismo
In meno di tre anni l’Italia ha visto due governi politici. Con la nomina di Draghi ci si interroga su come sarà la formazione del nuovo governo e si evince che politica italiana continua a non saper gestire le situazioni di crisi.
La crisi pandemica ha colto l’Italia impreparata: occorre inviare a Bruxelles, entro la fine di aprile, un Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) che preveda le riforme da fare e gli investimenti da promuovere con i fondi assegnateci da Next Generation EU. Prima di tutto però occorre indicare una governance al PNRR perché è stata proprio la composizione di quest’ultima a causare la crisi di governo. Vale la pena domandarsi se c’è una soluzione a tale problema.
L’American Rescue Plan è la prima ambiziosa mossa del nuovo Presidente USA per arginare gli effetti disastrosi della pandemia. Tuttavia non sarà facile per Joe Biden svolgere il difficile compito di guidare un paese scisso al suo interno e in attrito con altre grandi potenze.
Il decennio che si è appena concluso ha registrato quasi ovunque l’ascesa del nazionalismo come conseguenza diretta di politiche pregresse fallimentari. Tuttavia tale risposta si è rivelata fallace perché è giunta a mettere in discussione le basi liberali delle democrazie di mercato. Il punto di Sergio Fabbrini.
L’analisi di Sergio Fabbrini sull’insurrezione politica a Washington D.C.
Mentre l’Italia è alle prese con i suoi problemi interni, fuori avvengono processi che condizioneranno il futuro nostro e dell’Europa. In particolare sarebbe bene accendere i riflettori su ciò che sta facendo la Cina per ridisegnare il sistema internazionale perché avrà conseguenze sulle nostre scelte future, nazionali ed europee. Ecco perché.
Sergio Fabbrini analizza il complesso divorzio tra Regno Unito e Europa (tutt’altro che concluso).
La risposta alla pandemia ha mostrato che sia gli Stati Uniti (America) che l’Unione europea (Europa) hanno difficoltà a prendere decisioni. Ecco perché.
La ripresa degli Stati membri dipende dall’Unione Europea nel suo insieme. L’organismo Europa presenta però delle debolezze
Se il Parlamento non autorizzasse il premier a sostenere la riforma del Meccanismo europeo di stabilità (MES), si potrebbe verificare sia una crisi europea (con paralisi del Consiglio europeo, già prigioniero del veto di Ungheria e Polonia all’approvazione del Quadro finanziario pluriennale, 2021-2027, cui è collegato Next Generation EU) che una crisi italiana (con scioglimento delle camere). Ciò in presenza di una seconda ondata pandemica più estenuante della prima. È giustificabile avvicinarsi a questo baratro per la riforma del MES?
Fondi europei, Next Generation EU, e lo scacco matto di Polonia e Unigheria. Nuove sfide per l’Europa tra nazionalismo e degenerazioni illiberali.
La vittoria di Joe Biden ha riaperto la discussione europea sul futuro delle relazioni transatlantiche. Il dibattito americano e quello europeo hanno caratteristiche comuni, oltre ad influenzarsi reciprocamente. Sergio Fabbrini spiega perché.
Donald Trump presidente in carica continua a disconoscere la vittoria di Joes Biden presidente eletto. L’accusa infondata di brogli ha assestato un duro colpo alla democrazia statunitense.
Dopo la vittoria del presidente eletto Joe Biden si apre un’era di incertezza. Le profonde fratture di una società divisa si estendono agli stessi partiti e questo si riflette sulla capacità del governo di prendere decisioni.
Criticabili o meno le politiche perseguite dal presidente Trump non sono estranee al conservatorismo americano. Invece, ciò che è estraneo, è il suo modus operandi. L’analisi di Sergio Fabbrini.
Ciò che avverrà in America avrà conseguenze inevitabili sul sistema internazionale. L’analisi di Sergio Fabbrini.
L’elettorato di Donald Trump sembra inamovibile, animato da una fede cieca in un leader che si pone come la panacea per le minacce che prevengono dalla globalizzazione
La politica di Donald Trump non ha fatto altro che alimentare il fuoco della polarizzazione sociale ed economica. Ecco perché l’eventuale conferma di Donald Trump il prossimo 3 novembre solleva molti interrogativi sia per gli USA che per il mondo intero.
“La vicenda di Next Generation EU mostra che, a Bruxelles, c’è una tecno-struttura che sa come gestire la post-pandemia, ma non c’è un governo politico che la possa indirizzare, mentre a Roma c’è un governo politico che non dispone però della tecno-struttura per gestire la post-pandemia”. Il punto di Sergio Fabbrini sui nodi del Next Generation EU.
Al contrario di quanto accade per democrazia nazionale esposta al pericolo della tirannia delle maggioranze, la democrazia sovranazionale è presa in ostaggio dalla tirannia delle minoranze. Il punto di Sergio Fabbrini.
“L’Unione europea (Ue) c’è quando si tratta di gestire la crisi, non già quando si tratta di risolverla”. Il punto di Sergio Fabbrini sulla difficile condizione dei migranti, oggi più che mai con la crisi del Covid-19.
Il grande errore dei leader populisti sta nell’aver sistematicamente negato il pericolo del Covid-19, trovandosi poi impreparati e non più credibili. L’analisi di Sergio Fabbrini.
L’esito delle elezioni che si terranno in America tra due mesi avrà conseguenze sul mondo intero per anni a venire. Il punto di Sergio Fabbrini.
Come difendere la società aperta (democrazia liberale ed economia di mercato) dagli attacchi che riceve da destra e da sinistra? L’analisi di Sergio Fabbrini.
La crisi pandemica ha modificato il contesto globale. Come dopo una guerra, non si ritorna indietro, anche se non sappiamo come e dove andare avanti, la direzione da prendere dipenderà da noi. Ecco perché l’Unione europea deve aprire una riflessione pubblica sul suo futuro. Tre punti di discussione, tanto per cominciare.
L’esito del complesso processo negoziale iniziato con il Consiglio europeo del 17-21 luglio si è concluso, secondo Sergio Fabbrini, con uno sconfitto certo, il sovranismo, ed un vincitore incerto, l’europeismo.
Il prossimo 17-18 luglio si terrà una riunione del Consiglio europeo per decidere (se ci riuscirà) la direzione che l’Ue dovrà prendere per la ricostruzione post-pandemica. Quella decisione dovrà essere presa all’unanimità, ma gli stati hanno interessi e visioni nazionali divergenti. L’analisi di Sergio Fabbrini
Con le decisioni che sono in discussione in questi giorni nel Consiglio europeo, Bruxelles non dovrà più limitarsi a controllare le politiche di bilancio nazionali, ma potrà condizionarle attraverso una sua autonoma politica di bilancio. L’analisi di Sergio Fabbrini.
Oggi 1° luglio comincia la presidenza semestrale tedesca dell’Unione europea e l’aspettativa è molto alta. Quali sono i punti che affronterà Angela Merkel per il futuro dell’Europa? Un’analisi di Sergio Fabbrini
Nella riunione per approvare la proposta della Commissione europea di dare vita ad un programma (“Next Generation EU”) per la ricostruzione delle economie dei Paesi più colpiti dalla pandemia, il Consiglio europeo non è riuscito a trovare un accordo, bloccato dalle divisioni al suo interno. L’Italia da una parte deve sostenere il progetto, ma dall’altra il suo ruolo risulta sottodimensionato, per via delle sue debolezze istituzionali e incongruenze politiche.
Quali saranno le conseguenze della pandemia sull’assetto politico ed economico dell’Europa? Il punto di Sergio Fabbrini
L’eguaglianza tra gli stati costituisce una sfida sistemica per un’unione di stati. Promuovere l’eguaglianza tra Paesi asimmetrici richiede un metodo federale. In un’unione di stati asimmetrici, rispondere a minacce comuni con risorse fiscali nazionali significa accentuare l’ineguaglianza. Il punto di Sergio Fabbrini
“La risposta alle conseguenze del Covid-19 richiederà la costruzione di un nuovo regime fiscale europeo. Una fiscal union che tenga distinta la responsabilità fiscale degli stati da quella dell’Ue”. Il punto di Sergio Fabbrini.
I terribili mesi che stiamo vivendo non finiranno con la guerra (vinta, prima o poi) contro il virus se non ci sarà l’impegno, da subito e da parte di tutti, di costruire il nuovo ordine politico-economico post-covid 19. Si può e si deve cogliere l’occasione, proprio come fatto a Dumbarton Oaks dopo la Seconda guerra mondiale, per immaginare un’Europa migliore, che forse ancora non avevamo immaginato.
Il grido di dolore sull’Europa “che ci dovrebbe aiutare di più” non basta. Andrebbe accompagnato da una strategia rigorosa che ridefinisca le sovranità territoriali. Una strategia finalizzata a dare vita a un governo comune della politica migratoria che sia indipendente e separato dai singoli Stati. Il pensiero di Sergio Fabbrini.
Che relazione c’è tra le elezioni italiane del prossimo 4 marzo e l’accordo franco-tedesco che verrà celebrato il prossimo 22 gennaio in occasione del 55esimo anniversario del Trattato dell’Eliseo? Ce lo spiega il prof Sergio Fabbrini
La questione del budget dell’Unione Europea e delle sue politiche fiscali serve da spunto a Sergio Fabbrini per dare spazio a un’argomentazione di ampio respiro sul futuro stesso dell’Unione e proporre una strategia di riforma volta a garantire maggiore coesione e integrazione
In occasione del sessantennale dei Trattati di Roma, Franco Bruni, Sergio Fabbrini e Marcello Messori propongono una possibile strategia per il rilancio del processo di integrazione europea ipotizzando un forte coinvolgimento dell’Italia
Il volume “Still a Western World? Continuity and change in global order” a cura di Sergio Fabbrini e Raffaele Marchetti fornisce una chiave interpretativa dello scenario più che mai complesso delle relazioni internazionali, cercando di spiegarne le dinamiche e di prevederne le tendenze future