La recente lettera inviata dalla Banca centrale europea al Ministro dell’economia e delle finanze, Roberto Gualtieri, pone non pochi interrogativi sia metodologici che contenutistici. Il punto di Giuseppe Di Taranto
Quando Mario Draghi ha lasciato la testa della BCE, nel novembre del 2019, su una cosa i molti estimatori e i pochi detrattori del presidente della BCE si sono trovati d’accordo: durante gli otto anni in cui ha condotto la politica monetaria dell’Euroz …
Il 9 maggio ricorrevano i 70 anni dal giorno in cui l’allora Ministro degli esteri francese Robert Schuman, proponeva, con un discorso passato alla storia, la creazione di una Comunità europea del carbone e dell’acciaio, posando così la prima pietra di quell’edificio che oggi conosciamo come “Unione Europea”. Le sue parole tornano oggi più che mai attuali. Il punto di Paola Severino
La capacità di reazione della politica economica europea è stata finora insufficiente, gli organi decisionali sono dilaniati da conflitti e posizioni politiche a tutela di interessi di breve periodo e spesso limitati ai confini nazionali. L’unico organismo europeo che ha reagito in modo rapido e deciso è stata la Banca Centrale Europea. Ne discutono Giorgio Di Giorgio e Giuseppe Zito
Mario Draghi, sul Financial Times, ha fornito un contributo interessante al dibattito sulle politiche di contrasto alla pandemia del Coronavirus. Cosa si può evincere dall’analisi del rimpianto ex presidente della Bce? Una riflessione di Francesco Saraceno per Open.
“Non possono essere trascurate le rilevanti conseguenze indotte dalla crisi pandemica sui mercati finanziari e sugli scenari economici e commerciali”. Giorgio Di Giorgio ragiona intorno al ruolo fondamentale delle politiche fiscali.
L’idea di creare potere d’acquisto dal nulla stampando moneta affascina da sempre i neofiti dell’economia. Francesco Lippi, attraverso l’esposizione di come funzionano le tanto discusse “monete parallele”, evidenzia i motivi per cui giocare con la quantità di moneta equivale a manipolarne il prezzo, ma non il valore.
Le politiche monetarie ultra espansive volgono al termine, il Quantitative Easing di Mario Draghi è ufficialmente terminato, eppure la febbre da spread non sale, anzi. L’economista tedesco Daniel Gros spiega perché c’era da aspettarselo e perché nessun governo potrà comunque sedersi sugli allori.
In esclusiva per LUISS Open, gli appunti di Francesco Papadia, già dirigente della BCE, su un confronto attorno al suo ultimo libro. Banchieri centrali nella più grande crisi dal 1929 a oggi: fu vera gloria? All’autore rispondono Bini-Smaghi, Messori, Micossi e Rossi
L’economista Pierpaolo Benigno risponde a Daniel Gros che si è detto scettico sugli effetti del Quantitative easing sulla ripresa dell’Eurozona. Poi apre all’ipotesi di una ristrutturazione del debito pubblico italiano, purché essa sia unita a un ridimensionamento di spesa e tasse (e avvenga in un quadro europeo)
La Bce annuncia la fine delle politiche monetarie straordinarie: i mercati non muovono un ciglio e lo spread tace. E se allora il Qe non fosse stato uno “scudo protettivo” per l’Italia? Se si fosse limitato a cambiare la composizione del debito italiano, con effetti soltanto temporanei sul premio per il rischio? Dubbi e indizi controcorrente
Il Quantitative easing di Draghi è stato decisivo per rompere il circolo vizioso tra banche in difficoltà e Stati deboli. Ma ora, dietro le politiche monetarie straordinarie, c’è un ciclo di sviluppo più solido del precedente. Vedi export e flussi di capitali
Si discute se “blindare” nei Trattati tutti i vincoli europei sui nostri conti pubblici, ma molti di essi non rispettano i canoni economici della “buona” regola fiscale. Un mix di rigidità in eccesso, troppa arbitrarietà lì dove non serve, infine sincronizzazione delle politiche invece che un sano coordinamento. Per non parlare dei risultati flop nell’economia reale
In tempi di sovranismo rampante, catalano e non solo, ci sono ragioni tecniche – oltre a quelle politiche ed economiche – che rendono l’Italexit sconsigliabile, anzi pericolosa. Un paper SEP curato da Franco Passacantando da rileggere
Ad oggi, la BCE ha già comprato quasi 1.800 miliardi di bond. È difficile stabilire quali sarebbero gli attuali tassi d’interesse se la BCE non avesse intrapreso il suo “quantitative easing”; è possibile tuttavia seguire il percorso del denaro, cioè stabilire quanto è stato acquistato e da chi.