Su Luiss Open, dopo i saggi di Luciano Pellicani e Serge Tseytlin sui rapporti storici e le differenze ideologiche tra Europa e Russia, adesso interviene anche lo storico Andrea Ungari. La sua riflessione spazia dai rapporti tra Greci e Regno di Persia a quelli tra Stati Uniti e Cina comunista contemporanea, passando per il secolare espansionismo islamico e le opposizioni che esso ha incontrato
“Per quanto l’attenzione del governo degli Stati Uniti si concentri sull’intelligenza artificiale, il focus delle preoccupazioni americane – anche sul piano internazionale – alla competizione per la leadership tecnologica sembra essere il 5G. È questo il terreno sul quale l’America ha la sensazione di essere all’inseguimento di una Cina che brucia le tappe”. Ne parlano Francesca Balestrieri e Luca Balestrieri nel loro “Guerra digitale”, dal 29 agosto in tutte le librerie per Luiss University Press.
Negli ultimi anni la Cina ha sviluppato un modello di capitalismo statale che mantiene le principali leve di intervento nelle mani del governo. Il modello ha consentito di evitare le grosse crisi finanziarie a livello globale degli ultimi trent’anni, indirizzare lo sviluppo di telecomunicazioni, trasporti ed energia, e di mantenere il controllo sugli investimenti stranieri e sulle fluttuazioni finanziarie. Ma la Cina e Singapore non sono messe molto meglio degli Stati Uniti in termini di disuguaglianza di reddito, che è peggiorata negli ultimi vent’anni.
Il graduale avvicinamento della Turchia alla Russia preoccupa gli Stati Uniti, i quali non vogliono che uno dei loro alleati chiave in Medio Oriente, peraltro membro della NATO dal 1952, sbilanci gli equilibri geopolitici a favore di Mosca. Sofia Cecinini, coordinatrice dell’Osservatorio Sicurezza Internazionale della Luiss, fa il punto della complessa situazione diplomatica in Medio Oriente, spiegandone i possibili scenari politici.
Dal momento stesso della sua elezione Donald Trump ha dato l’impressione devastare le categorie tradizionali della politica da una parte e della comunicazione dall’altra. Nazionalista, politicamente scorretto eppure al fianco della classe operaia. Ma Trump è di destra o di sinistra? Una riflessione sulle moderne definizioni
Nonostante le pressioni esterne e interne Erdoğan vince le elezioni e conferma la sua leadership. Una prova di forza che consolida la posizione della Turchia tra i paesi “one-man-rule” come Cina e Russia e incorona il sovranismo islamico del suo leader.
La Cina di oggi è un paese enigmatico, all’apparenza simile a qualsiasi altro fiorente centro capitalista globale e al tempo stesso fedele ai dettami marxisti-leninisti. Il suo leader Xi Jinping, diviso tra aderenza alla linea e impulso modernizzatore, non fa differenza. Un libro di Kerry Brown prova a indagare le vere ragioni che muovono “l’amministratore del popolo”.
Sta tramontando l’epoca in cui i media anglo-americani, in virtù della loro professionalità incontrastata ma anche della loro forza politica, dominavano l’arena informativa globale. Con l’avanzata di globalizzazione e internet, anche media russi, arabi e cinesi offrono una loro narrativa alternativa (perfino rispetto ai dibattiti interni a Stati Uniti e Regno Unito). Una riflessione dell’economista Branko Milanovic
La globalizzazione ha scomposto socialismo e capitalismo attraverso le regole del mercato. Se però la Cina l’ha internalizzata, secondo i principi della dottrina marxista, gli Stati Uniti l’hanno esternalizzata, in nome del liberismo. Il mercato globale è lo scenario sul quale si confrontano, l’Unione Europea l’altro attore principale. Ecco i precari equilibri del sistema economico tra conflittualità e competitività, libera concorrenza e disuguaglianza.
Che l’America entri ciclicamente in crisi, ci sta. Anzi si potrebbe quasi dire che ciò sia all’origine della propria forza. Ma sbaglia chi è convinto che il XXI secolo possa essere dominato da Russia e Cina che sopravanzano Washington. Per capire perché, occorre tornare a Popper e alla sua distinzione tra società aperta e società chiusa
Dietro i nuovi tentativi di dialogo c’è una strategia che si chiama “brinkmanship” ed è la capacità di portare l’avversario sull’orlo del burrone e costringerlo a ritrarsi per primo. Il presidente americano ha portato la Cina sull’orlo del burrone, essa ha avuto paura e si è ritratta. Il prof. Mastrolia analizza in profondità un conflitto non solo mediatico
John A. Mathews spiega su Open la strategia della Cina nel campo delle energie rinnovabili. Un sistema industriale ‘green’ per ora un passo avanti a tutti
Il volume “Still a Western World? Continuity and change in global order” a cura di Sergio Fabbrini e Raffaele Marchetti fornisce una chiave interpretativa dello scenario più che mai complesso delle relazioni internazionali, cercando di spiegarne le dinamiche e di prevederne le tendenze future