Una lunga e dolorosa lista di problemi strutturali viene da almeno venti anni stilata da diversi economisti ed osservatori delle (scarse) performances dell’economia italiana. L’analisi di Giorgio Di Giorgio
Le global value chains (GVC) rappresentano il principale veicolo dell’integrazione industriale ed economica mondiale. Analizzarle in tempi di pandemia ci mostra, ad esempio, come l’interconnessione non solo facilita la diffusione dei contagi da virus, ma propaga tra un Paese e l’altro gli shock da offerta e da domanda.
Il mancato adeguamento dell’economia italiana alla sua stessa evoluzione e alla trasformazione del contesto internazionale spiega il declino italiano degli ultimi venticinque anni, durante i quali quattro shock, che con una diversa struttura dell’economia avrebbero potuto essere opportunità di crescita, finirono per ostacolarla. Un estratto dal libro “Declino. Una storia italiana” di Andrea Capussela.
Un estratto dal libro di Tyler Cowen “La classe compiaciuta” come abbiamo perso la capacità di immaginare e accettare il cambiamento, a causa di un senso di soddisfazione per lo status quo, e con quali conseguenze
Uno studio di Fabiano Schivardi sul ventennio perduto della competitività industriale italiana. Con una ipotesi sul perché: prima si competeva molto all’interno del capannone, nell’organizzazione e nella gestione dello stesso. Oggi invece la competizione è soprattutto in attività che avvengono “prima del capannone”, per esempio nel design e nell’innovazione di progetto, o “dopo il capannone”, dal marketing all’assistenza, passando per l’espansione sui mercati esteri.