Nel discorso del suo insediamento, il presidente Biden aveva promesso di distribuire cento milioni di vaccini entro il centesimo giorno della sua amministrazione. È riuscito a farlo in 59 giorni. Oltreoceano, secondo i dati riportati da Statista, il 18 marzo l’Ue aveva invece vaccinato (percentualmente) la metà della popolazione vaccinata negli Usa.
Secondo le stime Ocse-Oecd il titanico sforzo del presidente Joe Biden di scommettere 1900 miliardi di dollari per contrastare la crisi pandemica, potrebbe fruttare un +1% alla ripresa globale, raddoppiare la crescita Usa 2021 dal 3,3% al 6,5%, portando gli Stati Uniti strategicamente avanti all’Unione Europea e al Regno Unito.
L’elezione di Biden offre alle due sponde dell’atlantico una grande opportunità per costruire il futuro delle democrazie liberali occidentali e delle loro economie nella tecnosfera. Ma se Stati Uniti ed Europa non riusciranno a realizzare a breve un accordo su comuni regole sul digitale gran parte del pianeta potrebbe adottare modelli e regole promosse da sistemi autarchici a loro uso e vantaggio.
Il piano di salvataggio dell’amministrazione Biden potrebbe segnare un cambiamento di paradigma. Oltre a quello di rilanciare la domanda, esso ha l’obiettivo dichiarato di iniziare a correggere le disuguaglianze che negli Stati Uniti sono arrivate oltre il livello di guardia. Il piano potrebbe avviare un riequilibrio della distribuzione del reddito verso i salari più modesti, penalizzando i redditi da capitale.
Joe Biden ha parlato con franchezza all’America divisa, non celando i risultati positivi dei primi 50 giorni di governo, ma senza l’ottimismo sfacciato di Donald Trump. Molti analisti sembrano ormai persuasi che l’America abbia perso ogni comune fondamento, solo tribù in guerra tra loro, Repubblicani contro Democratici, Conservatori contro Progressisti. Il Presidente però sembra di diverso avviso: non cede alla retorica populista e parla al paese come fosse unito.
La condanna a morte di Lisa Montgomery il 13 gennaio 2021 riveste una grande importanza sul piano storico poiché si è trattato della prima condanna a morte a livello federale di una donna dopo quasi 70 anni. Ad oggi l’opinione pubblica americana è ancora largamente favorevole alla pena di morte sebbene sia stata abolita in alcuni Stati come Michigan e Wisconsin addirittura prima della stessa Guerra di Secessione.
L’American Rescue Plan è la prima ambiziosa mossa del nuovo Presidente USA per arginare gli effetti disastrosi della pandemia. Tuttavia non sarà facile per Joe Biden svolgere il difficile compito di guidare un paese scisso al suo interno e in attrito con altre grandi potenze.
Il pericolo non risiede nel presidente uscente degli Stati Uniti ma nell’ignorare la rabbia dei suoi sostenitori. Delegittimare le richieste degli elettori di Trump e di altri leader populisti mette a rischio l’ordine democratico. Cè bisogno di porre rimedio alle mancanze delle istituzioni democratiche che causano quest’agitazione feroce e diffusa
Essenziale è il ruolo delle elezioni primarie per decretare fedeltà e movimenti centripeti all’interno del partito. Dopo l’elezione di Joe Biden si profilano scelte difficili per il Grand Old Party
L’analisi di Sergio Fabbrini sull’insurrezione politica a Washington D.C.
“Le immagini della (fin troppo facile) irruzione dei miliziani trumpiani nel tempio della democrazia americana restano nella memoria collettiva come una ferita non facilmente rimarginabile del tessuto democratico”. L’analisi di Michele Sorice.
Dopo la decisione del collegio elettorale dello scorso 14 dicembre resta un ultimo atto prima che Joe Biden sia proclamato ufficialmente presidente. Il 6 Gennaio la Camera dei rappresentanti e il Senato in una sessione congiunta dovranno ratificare il risultato dei cinquanta stati della federazione. Prima di Trump era un atto solenne ma formale. Il 6 gennaio potrebbe non esserlo.
Nichols, autore del bestseller “La conoscenza e i suoi nemici”, spiega a Luiss Open perché nemmeno la pandemia da Covid-19 ha riportato in auge la competenza nel nostro dibattito pubblico. Colpa di politicizzazione e identity politics onnipervasive. Con alcune riflessioni sconsolate sul futuro del Grand Old Party
Cosa possiamo imparare dalle elezioni americane? Da cosa è dipesa l’impeccabile resistenza delle istituzioni giudiziarie e politiche? La risposta a questa domanda interessa anche noi europei, e tra noi non solo gli ungheresi, i polacchi o i turchi. Il punto di Leonardo Morlino.
Il 15 novembre scorso, al termine del vertice ASEAN e dopo otto anni di negoziati, è stato firmato l’accordo di libero scambio noto come Regional Comprehensive Economic Partnership (RCEP). Quindici in totale i paesi firmatari: oltre ai paesi-membri dell’ASEAN anche Cina, Giappone, Corea del Sud, Australia e Nuova Zelanda. La portata economica dell’intesa è senza precedenti: l’accordo interessa il 30% del commercio globale e raggiunge un mercato di 2,2 miliardi di consumatori.
La ridistribuzione geografica del reddito americano è solo la conseguenza di un altro cambiamento che però avviene in silenzio. Bastasin la chiama “divergenza secolare” ed è il motivo per cui Biden ha vinto le elezioni.
Vittoria di Biden o sconfitta di Trump? Il punto di Leonardo Morlino sulle ragioni dei risultati alle presidenziali americane.
USA: è il 3 gennaio il termine per approvare “The China Task Force Act”. Nel mirino è il partito comunista cinese (PCC), che nel 2021 celebrerà i 100 anni di vita, ma più in generale il governo di un paese il cui poderoso sistema pubblico-privato, per le modalità in cui dispiega la propria azione a livello internazionale, è ormai considerato un pericolo.
Joe Biden sarà il prossimo Presidente degli Stati Uniti. La sua elezione, letta con le lenti dell’analista politico, non cancella una serie di problematiche che caratterizzano la realtà americana contemporanea. Il policy brief di Lorenzo Castellani.
Formazione del consenso L’ultimo numero di Lawfare, del 26 ottobre 2020, in collaborazione con l’Osservatorio Internet di Stanford, ospita alcune interessanti riflessioni di Laura Rosenberger e Lindsay Gormann (“Foreign Interference is a Strategy, Not …
Dopo la vittoria del presidente eletto Joe Biden si apre un’era di incertezza. Le profonde fratture di una società divisa si estendono agli stessi partiti e questo si riflette sulla capacità del governo di prendere decisioni.
Il popolo statunitense ha decretato la vittoria di Joe Biden e diversi referendum a livello statale o cittadino concomitanti alle elezioni presidenziali hanno dato spazio ad “un’agenda politica progressista”. È però innegabile che circa la metà dell’elettorato si identifica nei valori e nelle politiche di Donald Trump.
“Per comprendere le conseguenze che la vittoria di Joe Biden alle elezioni presidenziali americane potrebbe avere sulla politica estera europea, è necessario prima di tutto delineare le caratteristiche qualificanti della presidenza del suo predecessore nell’arena internazionale e le loro implicazioni”. Il punto di Maria Giulia Amadio Vicerè
Joe Biden è il nuovo Presidente degli Stati Uniti, ma il nocciolo duro trumpiano, tradizionalista, territorializzato e anti-globalista non è stato convinto dal messaggio progressista di apertura e integrazione dei gruppi sociali e resta persuaso dalla retorica anti-establishment e nazionalista del presidente uscente. Il punto di Lorenzo Castellani e Giovanni Orsina.
Le elezioni presidenziali americane del 3 novembre saranno seguite dall’Europa con grande intersse. Basandosi su recenti dati di sondaggio originali, Davide Angelucci, Lorenzo De Sio, Morris P. Fiorina e Mark N. Franklin illustrano la sfida che attende Donald Trump nel suo tentativo di rielezione.
L’elettorato di Donald Trump sembra inamovibile, animato da una fede cieca in un leader che si pone come la panacea per le minacce che prevengono dalla globalizzazione
L’esito delle elezioni che si terranno in America tra due mesi avrà conseguenze sul mondo intero per anni a venire. Il punto di Sergio Fabbrini.
Che cosa ci suggerisce il comportamento passato dell’America sull’ascesa della Cina? Quale atteggiamento dovremmo aspettarci dalla Cina a mano a mano che diventerà più potente? E quale reazione dovremmo attenderci da parte degli Stati Uniti e dei vicini del paese asiatico di fronte a una Cina così forte? Un estratto dal volume “La tragedia delle grandi potenze” di John J. Mearsheimer (Luiss University Press (2019).
La pandemia del Covid-19 ha dimostrato quanto sia fondamentale avere un’efficiente organizzazione governativa. Appare perciò oggi fondamentale capire la storia della burocrazia federale americana. Un’analisi di Lorenzo Castellani.
Quali saranno le conseguenze della pandemia sull’assetto politico ed economico dell’Europa? Il punto di Sergio Fabbrini
“L’endorsement dell’Oms aveva l’obiettivo di non irritare la Cina in un momento estremamente delicato per la sanità globale con la speranza di limitare la diffusione dell’epidemia. Tuttavia proprio le misure piuttosto restrittive messe in atto da Pechino durante la fase di lockdown –ad esempio l’utilizzo di comitati di residenti (volontari) locali supportati da moderni sistemi di sorveglianza ad alta tecnologia – si sono dimostrate fondamentali nel ridurre il contagio al di fuori della provincia dello Hubei”. Il punto di Silvia Menegazzi sul rapporto tra Oms e Cina e la nuova guerra fredda tra Stati Uniti e Cina.
“Con la creazione di un debito comune di 750 miliardi garantito dal bilancio europeo, il piano della von der Leyen rappresenta una svolta storica per l’Europa e un passo importante verso una maggiore integrazione fiscale e politica”. Il punto di Pietro Reichlin
A distanza di tre settimane dall’uccisione del generale delle Forze Quds iraniane Qassem Suleimani la tensione in Medio Oriente si è gradualmente stemperata. Federico Donelli, autore di “Sovranismo islamico” (edito da Luiss Univeristy Press) fa luce sul rimescolamento degli equilibri di potere nella regione.
“L’antisemitismo è tornato, scrive Deborah Lipstadt, o meglio non è mai scomparso. Ma da dove viene questo antisemitismo di oggi, da molti definito “nuovo”, dalla destra o dalla sinistra? Che cosa lo caratterizza maggiormente: il suo legame con l’antisionismo o quello con il razzismo e il neonazismo?” Un estratto della postfazione di Anna Foa del volume “Antisemitismo” di Deborah Lipstadt in uscita per Luiss University Press
Carlo Bastasin commenta a caldo su Luiss Open la firma, a Washington, della prima intesa tra Stati Uniti e Cina sul commercio. Un benvenuto colpo all’incertezza, secondo Bastasin, ma anche un accordo che lascia fuori il tema più spinoso: la gara tra le due superpotenze su nuova tecnologia e intelligenza artificiale
Su Luiss Open, dopo i saggi di Luciano Pellicani e Serge Tseytlin sui rapporti storici e le differenze ideologiche tra Europa e Russia, adesso interviene anche lo storico Andrea Ungari. La sua riflessione spazia dai rapporti tra Greci e Regno di Persia a quelli tra Stati Uniti e Cina comunista contemporanea, passando per il secolare espansionismo islamico e le opposizioni che esso ha incontrato
“Per quanto l’attenzione del governo degli Stati Uniti si concentri sull’intelligenza artificiale, il focus delle preoccupazioni americane – anche sul piano internazionale – alla competizione per la leadership tecnologica sembra essere il 5G. È questo il terreno sul quale l’America ha la sensazione di essere all’inseguimento di una Cina che brucia le tappe”. Ne parlano Francesca Balestrieri e Luca Balestrieri nel loro “Guerra digitale”, dal 29 agosto in tutte le librerie per Luiss University Press.
Negli ultimi anni la Cina ha sviluppato un modello di capitalismo statale che mantiene le principali leve di intervento nelle mani del governo. Il modello ha consentito di evitare le grosse crisi finanziarie a livello globale degli ultimi trent’anni, indirizzare lo sviluppo di telecomunicazioni, trasporti ed energia, e di mantenere il controllo sugli investimenti stranieri e sulle fluttuazioni finanziarie. Ma la Cina e Singapore non sono messe molto meglio degli Stati Uniti in termini di disuguaglianza di reddito, che è peggiorata negli ultimi vent’anni.
Il caso WikiLeaks, esploso pochi anni fa, e i numerosi casi di whistleblowing che continuano a essere al centro delle cronache, non hanno svelato al pubblico solo segreti militari e politici, ma l’esistenza stessa di questioni cruciali per l’intera società: che rapporto c’è tra informazione e potere? Ce lo spiega Philip Di Salvo, autore di “Leaks” edito da Luiss University Press
Non solo negli Stati Uniti, ma anche in Gran Bretagna e nell’Europa meridionale la vecchia classe media che era portatrice del sogno americano è sprofondata in miseria. Dalle regioni industriali alle aree rurali, fino a piccole e medie città, secondo Christophe Guilluy siamo di fronte a un vero e proprio processo di isolamento sociale e culturale.
C’è solo una figura davvero significativa a livello internazionale per comprendere l’evoluzione e il peso assunto dalle nuove destre, passate dalla marginalità al potere nel volgere di pochi anni: si tratta di Steve Bannon, uno dei protagonisti, ma soprattutto uno dei simboli più visibili e celebrati, della deriva politica e culturale che attraversa l’Occidente. Ne parla Joshua Green nel libro “Il Diavolo” (Luiss University Press), intervistato da Guido Caldiron, giornalista de “Il Manifesto”.
Lo storico della Luiss Andrea Ungari, in esclusiva per Luiss Open, racconta una riflessione di accademici e militari sui 70 anni dell’Alleanza atlantica. Dal Dopoguerra Roma ha giocato un ruolo non soltanto politico-militare, ma anche diplomatico e industriale
Il graduale avvicinamento della Turchia alla Russia preoccupa gli Stati Uniti, i quali non vogliono che uno dei loro alleati chiave in Medio Oriente, peraltro membro della NATO dal 1952, sbilanci gli equilibri geopolitici a favore di Mosca. Sofia Cecinini, coordinatrice dell’Osservatorio Sicurezza Internazionale della Luiss, fa il punto della complessa situazione diplomatica in Medio Oriente, spiegandone i possibili scenari politici.
La supremazia nell’intelligenza artificiale è un obiettivo dichiarato delle superpotenze cinese e americana. Dal machine learning all’economia, passando per il diritto e l’organizzazione del lavoro: un approccio interdisciplinare al tema, specie nelle università, è l’imprescindibile punto di partenza per l’Europa. L’intervento di Giuseppe F. Italiano
L’improbabile elezione di Donald Trump oltre che frutto di una strategia ben precisa ha un nome e un cognome: Steve Bannon. Joshua Green ci svela tutte le armi del ‘diavolo’, già pronto a sbarcare anche in Europa per dimostrare che in un mondo che non riconosce più regole, per vincere bisogna infrangerle tutte. Come estratto dal libro proponiamo la postfazione di Giovanni Orsina.
Mancano ormai poche ore alle attesissime elezioni di midterm che potranno cambiare (e non poco) le carte in tavola per il futuro del governo Trump. L’esito appare imprevedibile come lo è “The Donald”, e il risultato potrebbe anche essere, ancora una volta e nonostante tutto, quello che nessuno si aspetta.
Dal momento stesso della sua elezione Donald Trump ha dato l’impressione devastare le categorie tradizionali della politica da una parte e della comunicazione dall’altra. Nazionalista, politicamente scorretto eppure al fianco della classe operaia. Ma Trump è di destra o di sinistra? Una riflessione sulle moderne definizioni
Un estratto dal libro di Tyler Cowen “La classe compiaciuta” come abbiamo perso la capacità di immaginare e accettare il cambiamento, a causa di un senso di soddisfazione per lo status quo, e con quali conseguenze
“Tutti dobbiamo lasciarci dietro qualcosa, quando moriamo…Non importa cosa fai…purché cambi qualcosa, da com’era prima che tu l’avessi toccata in qualcosa che ti assomiglia, quando ritirerai la tua mano”. Gianni Riotta ricorda Sergio Marchionne
Trump incontrerà Putin in Finlandia, il 16 luglio. La notizia è positiva per l’Italia, che ha un interesse economico al ritiro delle sanzioni contro Putin, più volte richiesto da Matteo Salvini. Un editoriale di Alessandro Orsini
I “Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio” contengono lezioni quanto mai attuali sull’ascesa e sul declino delle democrazie. Dall’Italia al Brasile, passando per gli Stati Uniti, occorre ristabilire un equilibrio tra esecutivo, rappresentanza e opinione pubblica. Le idee e i correttivi proposti da alcuni politologi e raccolti dal commentatore Nathan Gardels
La contestazione americana, al fondo, rimase sempre spontanea e all’interno dell’alveo liberale. E ciò fu anche merito della strategia dei conservatori d’Oltreoceano che da una parte fronteggiarono gli eccessi radicaleggianti, dall’altra aprirono su maggiore democrazia e diritti civili. Un saggio di Antonio Donno
Dopo lo storico incontro tra i rappresentanti delle due Coree gli equilibri mondiali sembrano essere a un punto di svolta. Il repentino processo di ‘normalizzazione’ della figura di Kim Jong-un, però, secondo Alessandro Orsini, meriterebbe una riflessione più attenta, a partire dalle fuorvianti interpretazioni dei media occidentali
La redazione di LUISS Open ha incontrato Alessandro Orsini in occasione dell’uscita del suo nuovo libro “L’Isis non è morto. Ha solo cambiato pelle” (Rizzoli). Cosa sta accadendo all’Isis e quali sono le nuove minacce alle quali siamo esposti? Quali i pericoli per l’Italia?
Uno dei più noti economisti al mondo presenta in esclusiva su LUISS Open “America 2030”, il suo ultimo libro in uscita in italiano per LUISS University Press: “Trump sbaglia anche sul commercio internazionale. E’ vero, gli scambi danneggiano una parte della popolazione, ma i dazi aggravano la situazione di tutti. Ecco le possibili alternative”
In occasione della partecipazione di Jeffrey Sachs all’incontro “Processo all’economia. Demografia, democrazia, mercati, felicità”, organizzato alla LUISS, pubblichiamo un passaggio tratto dall’ultimo libro dell’autore, “America 2030. Sviluppo, sostenibilità e la nuova economia dopo Trump”, in uscita per la LUISS University Press. Malgrado molti segnali negativi, Sachs vede motivi di ottimismo per il futuro
Che l’America entri ciclicamente in crisi, ci sta. Anzi si potrebbe quasi dire che ciò sia all’origine della propria forza. Ma sbaglia chi è convinto che il XXI secolo possa essere dominato da Russia e Cina che sopravanzano Washington. Per capire perché, occorre tornare a Popper e alla sua distinzione tra società aperta e società chiusa
Il Gruppo Ferrero si tuffa a capofitto nel mercato americano acquisendo per 2,9 miliardi di dollari il business dolciario di Nestlé negli USA. Storia di una scalata partita da lontano, e di un’operazione finanziaria che ha il dolce sapore della vittoria, ma che non è priva di rischi.
Il cambiamento degli equilibri geopolitici impone secondo Antonio Badini un ripensamento delle dinamiche e delle istituzioni che regolano la governance globale. Una maggiore collaborazione dell’Occidente con la Russia e la Cina potrebbe dar forma a un mondo più sicuro, rendendo improbabili ulteriori conflitti tra superpotenze
Le sempre più complesse relazioni, nello scacchiere internazionale, hanno portato cambiamenti importanti negli equilibri di potere, con la conseguente necessità di un ripensamento dei rapporti tra gli Stati e delle politiche che gestiscono la nuova era della globalizzazione
Dietro i nuovi tentativi di dialogo c’è una strategia che si chiama “brinkmanship” ed è la capacità di portare l’avversario sull’orlo del burrone e costringerlo a ritrarsi per primo. Il presidente americano ha portato la Cina sull’orlo del burrone, essa ha avuto paura e si è ritratta. Il prof. Mastrolia analizza in profondità un conflitto non solo mediatico
Lo scacchiere internazionale ha visto negli ultimi anni cambiamenti che ne hanno alterato gli equilibri. Nel nuovo numero della rubrica di LUISS Open “Disordine Mondiale”, Antonio Badini riflette su come le potenze occidentali (in particolare Europa e Italia) possono affrontare questa nuova situazione e trarne vantaggio
Fabrizio Barca parla a LUISS Open delle nuove faglie economiche, sociali e di riconoscimento che attraversano l’Europa, e della dimensione territoriale delle disuguaglianze. E descrive la politica europea (un po’ bistrattata) che servirebbe per curare le ferite del Vecchio Continente
Il video commento di Christian Blasberg in occasione del G20 di Amburgo: cosa può fare la Merkel e quale spazio può occupare la Germania nello scacchiere internazionale?
Con gli occhi di chi in una lunga carriera diplomatica ha vissuto all’interno delle stanze della politica internazionale, Antonio Badini traccia un bilancio dei primi mesi della Presidenza di Donald Trump
Alla vigilia del Consiglio europeo dei capi di governo dell’Ue a Bruxelles, alcuni spunti di riflessione del professore Carlo Bastasin (della School of European Political Economy)