Perché una governance globale del vaccino anti Covid-19 è così difficile da realizzare? La risposta risiede principalmente nelle numerose tensioni geopolitiche tra Stati Uniti e Cina. È all’interno di questo contesto che l’Unione europea si sta sforzando di fare la differenza.
Stiamo assistendo a una guerra europea dei vaccini, tra contenziosi con le aziende produttrici per i continui ritardi e le inadempienze nelle forniture. Sebbene sia evidente che le case farmaceutiche non riescano a rispettare la produzione inizialmente promessa, sarebbe necessario mettere in atto determinati meccanismi per la condivisione di alcuni diritti di proprietà intellettuale o sospendendo l’esclusiva dei brevetti per il tempo necessario a conseguire l’immunizzazione di una larga parte della popolazione mondiale.
Perché l’Europa non ha progettato la produzione dei vaccini su licenza? L’assenza è tanto più incomprensibile all’interno di un continente dotato di una tra le industrie farmaceutiche più sviluppate del mondo. La risposta va cercata nel concetto stesso di “globalizzazione”.
Nel discorso del suo insediamento, il presidente Biden aveva promesso di distribuire cento milioni di vaccini entro il centesimo giorno della sua amministrazione. È riuscito a farlo in 59 giorni. Oltreoceano, secondo i dati riportati da Statista, il 18 marzo l’Ue aveva invece vaccinato (percentualmente) la metà della popolazione vaccinata negli Usa.
A differenza di Stati Uniti e Gran Bretagna, l’Europa è indietro con la campagna vaccinale. Dare priorità all’accordo sovranazionale tra i 27 paesi dell’Unione potrebbe aver rallentato il processo.
“Bisogna mettercela tutta per battere pandemia e recessione. Per questo la proposta di Confindustria, mettere a disposizione le fabbriche per vaccinare più italiani possibili, è una gran pensata”. Parla Giuseppe Di Taranto.
I vaccini causano l’autismo? Scegliere di non vaccinare il proprio figlio è un diritto? La scienza ha delle risposte nette, ma sembra che nessuno abbia voglia di ascoltarle, nè di crederci. Il rapporto tra esperti e social è sempre più teso e il caso Burioni ne è un perfetto esempio.